Intervista per la mostra "Orietur in tenebris lux tua"

04.03.2016 00:04

Carlotta, raccontaci di te.. Quando e da cosa è scaturita questa passione per l’arte?

La mia espressione artistica ha origini lontane, risale forse all’infanzia, quando mi sentivo profondamente attratta dai colori. Dopo l’istituto Magistrale ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna tra il 1979 e l’83, anno in cui mi sono diplomata.

Non fu una esperienza appagante, sinceramente! Non avevo chiare in mente, allora, le motivazioni della mia ricerca e non trovavo interlocutori che potessero condividere la stessa inquietudine.

Una volta terminata l’Accademia ho accantonato la ricerca, per dedicarmi alla illustrazione. Ho insegnato per qualche anno Educazione Artistica, ho lavorato in uno studio Grafico poi mi sono “persa a crescere i miei 3 figli”.

Parallelamente ho scritto poesie e brevi racconti e, proprio la scrittura ha risvegliato la mia ricerca espressiva.

La musicalità delle parole unita all’eco dei significati mi hanno riportata sulla via della riflessione sul senso delle cose.

Negli ultimi anni, da quando ho ripreso a dipingere ad olio, ho riscoperto un mondo che mi appartiene da sempre. La forza dei colori è un grande richiamo all’energia della vita.

 

Sappiamo che oltre alla pittura ti dedichi con molta passione alla scrittura e in particolare alla poesia. In entrambi i casi, poesia o pittura, segui molto l’istinto o parti sempre da un preciso progetto, da un’idea pensata da tempo?

La frase di apertura del mio sito è: “cercare e non trovare i confini dell’arte”, proprio perché poesia, pittura, musica di cui mi nutro…e che purtroppo non produco (ma qui bisognerebbe allargare il discorso a dismisura sull’energia che l’essere umano è in grado di mettere in moto…o forse solo di intercettare come corrente ascensionale. Energia che scuote e coinvolge, interroga e accompagna) sono espressioni dello stesso animo inquieto.

Dunque mi piacerebbe realizzare progetti precisi e pensati, ma poi mentre lavoro mi rendo conto che il mio inconscio si impone e pretende di dire la sua, proprio come un sogno segue una traiettoria priva di logica apparente.

Generalmente c’è un momento in cui il mio lavoro si ferma, restiamo in silenzio ad osservarci, anche molto tempo…finchè emerge ciò che sta nel profondo della mente.

Mi è capitato più di una volta di capire il significato di un quadro dopo averlo finito.

In realtà anche le poesie emergono da sole, come fossero indipendenti da me.

La loro trama si aggira nella mia mente per qualche giorno, poi, quando sono pronte le scrivo. E generalmente non le correggo.

Molti quadri e poesie non li potrò mai dipingere o scrivere semplicemente perchè li trovo al mattino, nella mente, e poi se ne vanno perchè non riesco ad afferrarli.

 

Alla nostra collettiva esponi un’opera intitolata “Luna, luce del divenire” nella quale su tutto primeggia questa luna potente e magica che sembra voler portare lo spettatore ad una riflessione quasi “spirituale”. Raccontaci come è nata e quale messaggio vorresti trasmettere attraverso di essa?

Nelle mie poesie è presente la fettina di luna: “unica luce del mio divenire” proprio perché per molti anni ho vagato interiormente senza una chiara visione di cosa andassi cercando. La metafora della poca luce di una fettina di luna come guida nella notte della ragione ha assunto un significato simbolico per me. In realtà, dopo molta riflessione ho capito che quella immagine ha avuto una origine precisa, in una notte in cui ho vissuto una situazione amara. Fatto di cui ho scritto un racconto tutto d’un fiato, 38 anni dopo…

Ovviamente l’ho dipinta varie volte, ma il quadro che espongo alla mostra raffigura una luna immensa, piena, che dòmina la nostra esistenza, proprio come una luce soave e silenziosa che ci accompagna, fedele come solo una madre può essere e aspetta il momento in cui comprendiamo di essere parte di una umanità ininterrotta che vive e chiede di non essere dimenticata.

Nei miei lavori sento l’energia dei primi uomini che lasciavano l’impronta delle loro mani sulla roccia.

Nel quadro “Luna, luce del divenire” inizialmente era prevista, progettata appunto, solo la luna sul fondo blu. Luce e universo. Poi non ho resistito e ho dipinto una foresta confusa, come fosse bruciata da un grande incendio, violentata dalla furia degli eventi…scheletri di alberi muti, in uno stato di oblio…

Il messaggio penso possa essere proprio la pace che si prova quando, dopo una vita passata ad aspettare, a cercare, a domandare…a “bruciare”, ci si accorge che sopra la storia singola di ognuno splende più grande la storia dell’umanità intera.

Gnerazione dopo generazione siamo arrivati fino ad oggi senza che mai, nemmeno per un momento, sia venuta meno la guida della luce della luna.

L’uomo ha in sé una carica talmente forte da poter far fronte alle sfide più angosciose e continuate il proprio cammino. La luce della ragione, il calore del sentimento, i colori della vita, possono guidare i nostri passi verso l’ignoto e l’arte, così come la scrittura o la musica sono espressione di una vitalità spirituale antichissima e smisurata. Riflesso di un divino che arde dentro l’umano.

Ma ancor più la luna del mio quadro offre, come per propria naturale caratteristica, un perdono “potente” appunto, che ci permette di dare pace alle ceneri della nostra storia.

 

 

Hai particolari progetti per il tuo futuro artistico? A quali altre estrinsecazioni assisteremo da parte tua?

Non ho progetti precisi, se non quello di riuscire a dedicare più tempo ed energia all’arte, proprio perché questo è il mio modo di sublimare la storia del mio mondo, delle vicende che mi hanno forgiata e delle speranze che ho per il futuro, non solo  mio, ma di chi amo o di chi mi capita di incontrare.

Vorrei riuscire a coordinare i miei racconti per pubblicare un libro illustrato.

Ma non sono bravissima a coordinare i pezzi sparsi…mi affido al futuro che mi chiama, ma non so quali mattoni si concretizzeranno. Man mano che l’esperienza si farà più completa cercherò di rendere più visibile il mio lavoro.

 

La collettiva “Orietur in tenebris lux tua”, da noi organizzata, ha come obiettivo non soltanto quello di indagare sul rapporto luce-tenebre, da sempre tematica fondamentale della storia dell’arte, ma allo stesso tempo vuol far riflettere lo spettatore sulle “tenebre” che avvolgono la vita di ognuno, svolgendo una funzione quasi “salvifica”, capace di aiutarlo a ritrovare la propria luce interiore.

Qual è il tuo pensiero a riguardo? Credi che l’arte possa svolgere un ruolo che vada al di là del semplice piacere visivo?

 

Penso che ognuno abbia un proprio modo per affrontare le tenebre della propria vita, anche se non ne è consapevole. Per me l’arte è stata un grande strumento per dar voce alle mie difficoltà e sofferenze, ma anche una celebrazione della gioia di vivere.

Concludo con la frase che da sempre fa da contenitore a tutti i miei lavori: ognuno infatti è un “Piccolo tassello del grande mosaico: Studio dei particolari di un’anima appesa ai bordi del vento”.

E in fine voglio riportarvi una frase di Van Gogh: “Quando la consolazione non c’è resta l’arte, per sempre, e allora non si sarà mai vuoti né soli”.